Area dell'identificazione
Tipologia del soggetto produttore
Persona
Forma/e autorizzata/e del nome
Pedicini, Carlo Maria
Forme parallele del nome
Forme del nome normalizzate secondo altre regole
Altre forme del nome
Codici identificativi di enti
Area della descrizione
Date di esistenza
1796 nov. 2 - 1843 nov. 19
Storia
Carlo Maria Pedicini nasce a Benevento il 2 novembre 1769 dal marchese Domizio e da Beatrice Vulcano. La condizione di Benevento, enclave pontificia nel Regno di Napoli, consente l’ingresso dei Pedicini nel patriziato cittadino, meno di un secolo prima: l’inserimento di nuove famiglie di ‘reggimento’, fra cui i Pedicini, è parte di una strategia pontificia che mirava a contrastare la tendenza filonapoletana della vecchia nobiltà. Ciò influenza gli orientamenti politici della famiglia e dello stesso Carlo Maria, sempre contrario al passaggio della sua patria al Regno. Il trasferimento a Roma fin dall’adolescenza mostra chiaramente come egli fosse destinato a entrare nella burocrazia dello Stato ecclesiastico, anche se non necessariamente come sacerdote, dal momento che riceve i tre ordini maggiori a 46 anni (marzo 1815), ben oltre le consuetudini del tempo.
La sua formazione è accurata e inquadrata nello studio del diritto, indispensabile per accedere ai gradi più alti dell’apparato amministrativo statale. Dopo essere stato allievo del Collegio Nazareno di Roma (1783-89), tenuto dagli scolopi, al tempo attraversati da fermenti di rinnovamento che porteranno alcuni di loro ad aderire alla Repubblica romana, egli prosegue gli studi giuridici. Nel 1790 entra nell’Accademia ecclesiastica, un convitto per giovani nobili provinciali destinati alla prelatura all’interno della burocrazia, più temporale che religiosa, della Chiesa. Pedicini vi rimane fino al 1792 e vi segue anche corsi di teologia, utili per accedere agli ordini maggiori. La frequentazione di ex allievi passati al servizio dello Stato, come il napoletano Alessandro Macedonio, la consuetudine di Pio VI di visitare l’Accademia e conoscerne gli allievi, il presumibile sostegno del cardinal Giovanni Archinto, protettore dell’Accademia, gli aprono la strada verso il servizio nei gradi intermedi dell’apparato ecclesiastico, in cui entra all’età di 22 anni.
Con il titolo di prelato domestico di Pio VI e la qualifica di referendario di entrambe le Segnature, Pedicini ricopre alcuni incarichi commisurati alla sua condizione di prelato privo degli ordini maggiori come, ad esempio, consultore della congregazione dei Riti (1794) o addetto alla congregazione del Concilio (1795).
Nel periodo della Repubblica egli rimane, presumibilmente, a Roma in posizione defilata ma di chiusura rispetto alle idee repubblicane. Con la restaurazione pontificia torna all’attività di funzionario governativo e in qualità di ponente di Consulta si occupa di alcune cause con diverse comunità dello Stato. Nel 1808 diventa prosegretario della stessa Congregazione non potendo, verosimilmente, occupare la carica di segretario per la sua condizione di semplice chierico. Risale al 1801 la sua prima collaborazione con la congregazione dell’Immunità ecclesiastica. Potrebbe risalire a questo periodo anche la decisione di prendere gli ordini maggiori, forse dilazionata a causa dell’occupazione napoleonica. In ogni caso, questa sua condizione lo mette al riparo dalle difficoltà che i preti incontrano a Roma nel quinquennio francese; in effetti, non si ha notizia di un suo rifiuto o di una sua accettazione del giuramento ecclesiastico o costituzionale richiesto dai funzionari imperiali o di una collaborazione con il nuovo governo. Con molta probabilità rimane a Roma, ma non è possibile dire con quale impiego, visto che il suo lavoro è all’interno di congregazioni soppresse dal regime napoleonico. Certamente è a Roma quando il delegato apostolico cardinale Agostino Rivarola crea la Commissione di Stato per il ristabilimento del potere temporale (14 maggio 1814) e lo incarica di riorganizzare la Consulta e di collaborare all’amministrazione della pubblica sanità. Terminata l’emergenza, Pedicini riprende la sua carriera nella Curia. Viene nominato sostituto alla segreteria di Propaganda Fide con diritto di successione, che avviene nell’estate del 1816 subito dopo la sua ordinazione sacerdotale (26 marzo 1815), a riprova che la relativa lentezza con la quale si è sviluppata la sua carriera era dipesa, oltre che dalle interruzioni del potere temporale, dal tardivo accesso agli ordini maggiori, di cui si ignorano le ragioni. Divenuto prete, la sua ascesa è più rapida e lo porta all’interno di congregazioni più importanti, deputate al governo della Chiesa, come quella per l’Esame dei vescovi, di cui è segretario (giugno 1815), e quella del S. Officio, di cui è consultore (1818).
A coronare il cambio di passo nella carriera ecclesiastica, e non più solo in quella burocratica, interviene la nomina a cardinale nel concistoro del 10 marzo 1823. A ottenergli la berretta rossa, più che una contiguità con Pio VII, che non emerge dai documenti, è probabilmente l’intercessione del suo concittadino e protettore Bartolomeo Pacca. In ogni caso, negli anni successivi alla sua nomina a cardinale prete del titolo di S. Maria in Via (poi trasferito al titolo di S. Maria della Pace nel dicembre 1828), sia Pio VII sia i suoi successori lo aggregano, ora in qualità di cardinale, alle principali congregazioni: Propaganda Fide (di cui è prima segretario e poi prefetto dal 1831 al 1834), Riti (di cui è prefetto dal 1830 alla morte), Consulta e Buon governo (1823), Vescovi e regolari (1824), Cerimoniale (1825), Immunità (di cui è prefetto nel 1826), Memoriali (di cui è segretario, 1829), S. Officio (1831), Correzione dei libri della Chiesa orientale (1832). Pur non avendo mai avuto incombenze pastorali, il 5 luglio 1830 Pedicini ottiene la nomina a vescovo della diocesi suburbicaria di Palestrina ed è lo stesso Pacca a consacrarlo; dalla sede prenestina passa a quella, più prestigiosa, di Porto S. Rufina e Civitavecchia, già occupata da Pacca, e vi rimane titolare fino alla morte. Nel corso della sua carriera ecclesiastica ottiene vari titoli, è sottodecano del Sacro collegio, vicecancelliere di S. Romana Chiesa e sommista, è abate commendatario di S. Lorenzo in Damaso; partecipa a tutta la fitta rete di patronage che all’interno della Roma ottocentesca caratterizzava il potere cardinalizio. Pedicini muore a Roma il 19 novembre 1843 ed è sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso.
La sua formazione è accurata e inquadrata nello studio del diritto, indispensabile per accedere ai gradi più alti dell’apparato amministrativo statale. Dopo essere stato allievo del Collegio Nazareno di Roma (1783-89), tenuto dagli scolopi, al tempo attraversati da fermenti di rinnovamento che porteranno alcuni di loro ad aderire alla Repubblica romana, egli prosegue gli studi giuridici. Nel 1790 entra nell’Accademia ecclesiastica, un convitto per giovani nobili provinciali destinati alla prelatura all’interno della burocrazia, più temporale che religiosa, della Chiesa. Pedicini vi rimane fino al 1792 e vi segue anche corsi di teologia, utili per accedere agli ordini maggiori. La frequentazione di ex allievi passati al servizio dello Stato, come il napoletano Alessandro Macedonio, la consuetudine di Pio VI di visitare l’Accademia e conoscerne gli allievi, il presumibile sostegno del cardinal Giovanni Archinto, protettore dell’Accademia, gli aprono la strada verso il servizio nei gradi intermedi dell’apparato ecclesiastico, in cui entra all’età di 22 anni.
Con il titolo di prelato domestico di Pio VI e la qualifica di referendario di entrambe le Segnature, Pedicini ricopre alcuni incarichi commisurati alla sua condizione di prelato privo degli ordini maggiori come, ad esempio, consultore della congregazione dei Riti (1794) o addetto alla congregazione del Concilio (1795).
Nel periodo della Repubblica egli rimane, presumibilmente, a Roma in posizione defilata ma di chiusura rispetto alle idee repubblicane. Con la restaurazione pontificia torna all’attività di funzionario governativo e in qualità di ponente di Consulta si occupa di alcune cause con diverse comunità dello Stato. Nel 1808 diventa prosegretario della stessa Congregazione non potendo, verosimilmente, occupare la carica di segretario per la sua condizione di semplice chierico. Risale al 1801 la sua prima collaborazione con la congregazione dell’Immunità ecclesiastica. Potrebbe risalire a questo periodo anche la decisione di prendere gli ordini maggiori, forse dilazionata a causa dell’occupazione napoleonica. In ogni caso, questa sua condizione lo mette al riparo dalle difficoltà che i preti incontrano a Roma nel quinquennio francese; in effetti, non si ha notizia di un suo rifiuto o di una sua accettazione del giuramento ecclesiastico o costituzionale richiesto dai funzionari imperiali o di una collaborazione con il nuovo governo. Con molta probabilità rimane a Roma, ma non è possibile dire con quale impiego, visto che il suo lavoro è all’interno di congregazioni soppresse dal regime napoleonico. Certamente è a Roma quando il delegato apostolico cardinale Agostino Rivarola crea la Commissione di Stato per il ristabilimento del potere temporale (14 maggio 1814) e lo incarica di riorganizzare la Consulta e di collaborare all’amministrazione della pubblica sanità. Terminata l’emergenza, Pedicini riprende la sua carriera nella Curia. Viene nominato sostituto alla segreteria di Propaganda Fide con diritto di successione, che avviene nell’estate del 1816 subito dopo la sua ordinazione sacerdotale (26 marzo 1815), a riprova che la relativa lentezza con la quale si è sviluppata la sua carriera era dipesa, oltre che dalle interruzioni del potere temporale, dal tardivo accesso agli ordini maggiori, di cui si ignorano le ragioni. Divenuto prete, la sua ascesa è più rapida e lo porta all’interno di congregazioni più importanti, deputate al governo della Chiesa, come quella per l’Esame dei vescovi, di cui è segretario (giugno 1815), e quella del S. Officio, di cui è consultore (1818).
A coronare il cambio di passo nella carriera ecclesiastica, e non più solo in quella burocratica, interviene la nomina a cardinale nel concistoro del 10 marzo 1823. A ottenergli la berretta rossa, più che una contiguità con Pio VII, che non emerge dai documenti, è probabilmente l’intercessione del suo concittadino e protettore Bartolomeo Pacca. In ogni caso, negli anni successivi alla sua nomina a cardinale prete del titolo di S. Maria in Via (poi trasferito al titolo di S. Maria della Pace nel dicembre 1828), sia Pio VII sia i suoi successori lo aggregano, ora in qualità di cardinale, alle principali congregazioni: Propaganda Fide (di cui è prima segretario e poi prefetto dal 1831 al 1834), Riti (di cui è prefetto dal 1830 alla morte), Consulta e Buon governo (1823), Vescovi e regolari (1824), Cerimoniale (1825), Immunità (di cui è prefetto nel 1826), Memoriali (di cui è segretario, 1829), S. Officio (1831), Correzione dei libri della Chiesa orientale (1832). Pur non avendo mai avuto incombenze pastorali, il 5 luglio 1830 Pedicini ottiene la nomina a vescovo della diocesi suburbicaria di Palestrina ed è lo stesso Pacca a consacrarlo; dalla sede prenestina passa a quella, più prestigiosa, di Porto S. Rufina e Civitavecchia, già occupata da Pacca, e vi rimane titolare fino alla morte. Nel corso della sua carriera ecclesiastica ottiene vari titoli, è sottodecano del Sacro collegio, vicecancelliere di S. Romana Chiesa e sommista, è abate commendatario di S. Lorenzo in Damaso; partecipa a tutta la fitta rete di patronage che all’interno della Roma ottocentesca caratterizzava il potere cardinalizio. Pedicini muore a Roma il 19 novembre 1843 ed è sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Damaso.
Luoghi
Condizione giuridica
Funzioni, occupazioni e attività
Mandato/Fonti normative
Struttura amministrativa/Genealogia
Contesto generale
Area delle relazioni
Area dei punti di accesso
Occupazioni
Area di controllo
Codice identificativo del record d’autorità
IT-IC-PCM1
Codici identificativi delle istituzioni responsabili
Norme e/o convenzioni
- Norme italiane per l’elaborazione dei record di autorità archivistici di enti, persone, famiglie (NIERA), regola E.1.1 Denominazione di autorità.
- Sistema di datazione utilizzato per indicare le date nel record di autorità: Norme italiane per l’elaborazione dei record di autorità archivistici di enti, persone, famiglie (NIERA), E.2.1 Date di esistenza. Normalizzazione.
Grado di elaborazione
Finale
Livello di completezza
Intermedio
Data/e della descrizione
Lingua/e
Scrittura/e
Fonti
Enciclopedia Treccani: http://www.treccani.it/enciclopedia/carlo-maria-pedicini_(Dizionario-Biografico)/ (consultato in data 04/04/2019).
Note sulla compilazione
Creazione: Massimo Bonifazi 4 aprile 2019.
Compilazione: Massimo Bonifazi 4 aprile 2019.
Compilazione: Massimo Bonifazi 4 aprile 2019.